Prima di tutto, voglio ringraziare l’amico Marco Maini, fondatore di questo blog, per l’opportunità datami, in un periodo della mia vita in cui sto scrivendo come non mai, di unire le mie due grandi passioni, i due polmoni della mia esistenza: la scrittura e la musica. Musica il cui amore io e Marco condividiamo – in particolare musica rock.
In questo e negli articoli che seguiranno nelle prossime settimane, analizzerò testi e musicalità, tradurrò e parafraserò canzoni, vi racconterò in che modo quel brano o quella band sono riusciti ad entrare nel film della mia vita e a diventarne co-danzatori e co-creatori.
Oggi voglio partire con un brano dei Manchester Orchestra – gruppo musicale indie rock statunitense formatosi ad Atlanta nel 2004 – dal titolo “The silence” (tratto dall’album del 2017 “A black mile to the surface”).
Trovo la voce di Andy Hull (voce e chitarra) unica nella sua semplicità. Una voce incisiva ma in maniera delicata, che ricorda certe tipiche voci di ballate country. Sottili e penetranti come l’acqua.
Una voce per cui l’estensione vocale conta veramente poco di fronte al timbro, alla personalità.
Ecco la traduzione di The Silence e i miei commenti brano per brano. Un pezzo scritto per la figlia in un’esplosione di ispirazione bellissima.
L’autore (lo stesso Andy Hull) racconta che dovette buttarsi giù dal letto per scriverla di getto, perché era come se Dio gli stesse parlando e come se stesse parlando a lui e a sua figlia.
In certi casi, potresti scommetterci la testa che è lo stesso cantante ad avere scritto il pezzo che interpreta.
“Perché merito il silenzio per sentirmi meglio riguardo a te?
In un momento di perdita ho perso la calma
Ho negato di averti trovato
Ho cercato di fare il matto
Non ti ho sorpreso
Sto cercando di individuare un segno di fuoco
Fammi sapere quando dovrei muovermi.
Ma tu, amplificata nel silenzio
Giustificata nel tuo modo di procurarmi i lividi.
Magnificata nella scienza
Che anatomicamente ha dimostrato
Che tu non hai bisogno di me.”
Bellissimo e toccante questo spaccato di un padre che si lascia attraversare dalla figlia senza porre resistenza (i lividi) ma non può fermare in nessun modo il suo allontanamento nel momento della crescita.
Andy riesce inoltre a trasfigurare la figlia nell’archetipo della Dea (“amplificata nel silenzio”, “magnificata nella scienza”).
“Perché desidero lo spazio?
Ti stavo piangendo
Ero perso e ho perso la mia forma
Non c’era niente che potessi fare
Non voglio sprecare nulla
È stato tutto ciò che ti ho dato
Riportami indietro e prendi il mio posto
Mi eleverò in alto per te”
Qui, questa sorta di preghiera riesce a far comprendere la fragilità dell’essere genitore, la vulnerabilità del padre nelle sue umane emozioni e, di nuovo, questa sorta di venerazione per una figura femminile che fa “elevare”, rappresentata dalla figlia.
“Per tutto il tempo che sprechi, domandi:
“Avevo davvero bisogno di un altro che mi buttasse giù?”
Tutti sanno che è qualcosa con cui dovevi convivere, tesoro
Nessuno ti farà più a pezzi adesso
Non c’è niente che tu possa tenere, c’è solo il tuo riflesso.
Non c’è niente che tu possa tenere, c’è solo il tuo riflesso.”
Il padre si inchina di fronte alla forza della figlia diventata donna dopo le sue prime iniziazioni nel mondo.
Allo stesso tempo, le fa notare che nulla si può davvero possedere e che tutto ciò che ci accade fuori non è che un riflesso della nostra situazione interiore.
A questo punto, vi lascio senza commentare al seguito di questa ispirata canzone/preghiera, in modo che possiate assorbirla ed interpretarla a modo vostro, e vi auguro buon ascolto con questo pezzo che, per me, è il migliore che i Manchester Orchestra abbiano prodotto:
“Non c’erano altro che silenziose ritrattazioni
E le famiglie supplicavano: “Non guardare in quell’armadio
C’è molto più male che bene, non so come sia arrivato qui”.
C’era qualcosa che tuo padre aveva bruciato dentro di me
Venti ore di eternità ad Homestake
“Puoi andare ovunque ma sei del luogo da cui provieni”.
Ragazzina, sei maledetta dai miei antenati
Non c’è altro che oscurità e agonia
Non solo posso vedere, ma mi hai impedito di battere le palpebre
Lascia che ti guardi da vicino come un ricordo
Lascia che ti stringa sopra tutta la miseria
Lasciami aprire gli occhi ed essere felice di essere arrivato qui.”
Sonia Serravalli – la vostra scrittrice trasformista
Views: 5866